“All’età di 20 anni sono rimasta incinta di mio figlio.
Quando l’ho scoperto i miei pensieri sono stati tanti.
Lavoravo e frequentavo l’università, pensavo alla reazione dei miei genitori, pensavo che il ragazzo con cui era successo, lo conoscevo da poco.
Ero pronta alle mie responsabilità! A 20 anni pensi di essere grande, di sapere cosa ti aspetti, di poter rinunciare a tutto senza problemi, di poter affrontare qualsiasi cosa succeda.
All’inizio non volevo dirlo a lui, ero letteralmente terrorizzata.
Si era accorto che ero cambiata, che c’era qualcosa che mi preoccupava, quindi tra le lacrime gliel’ho dissi.
Nei suoi occhi, nella sua voce, nella reazione che ha avuto, non ci fu esitazione nel dirmi che lo voleva tenere.
Convinta dal fatto che non avesse esitato, che la bicicletta la pedalavamo in due (beh è così che si dice, “hai voluto la bicicletta e ora pedali!!”) abbiamo portato avanti la gravidanza.
Prima di dirlo ai miei lo abbiamo detto a mia sorella per avere un supporto nell’affrontarli.
I miei non sono cattivi e accettano le mie decisioni, semplicemente sono i tuoi genitori, ti hanno vista nascere crescere e vogliono il meglio per te .
Quando glielo abbiamo detto la loro reazione è stato proprio come mi aspettavo.
Non volevano che lo tenessi, volevano che abortissi, che ci frequentassimo di più andando a convivere, che ci sposassimo e che poi su decisione ponderata scegliessimo di avere un figlio.
Da genitore, oggi, con tutto l’amore che voglio a mio figlio vi dico, io avrei fatto lo stesso al posto loro!
Feci la prima ecografia con mia madre che sentivo chiedere alla ginecologa cosa avessi dovuto fare se avessi deciso di abortire.
Il momento che per me sarebbe dovuto essere il più bello del mondo, era il più difficile e straziante.
Non sentirsi appoggiate e sostenute nella propria decisione non è facile.
La mamma di lui mi sosteneva ed era al mio fianco, ma tua madre è sempre tua madre…
Passato il termine per l’aborto i miei ormai avevano accettato l’idea e a quel punto erano al mio fianco a sostenermi e per aiutarci.
Accettarono che lui vivesse con noi.
Ma le cose non erano tanto rose e fiori e questo i miei non lo sapevano.
Era geloso, molto geloso. Non potevo parlare, salutare o ridere con nessun altro ragazzo o uomo, perché altrimenti significava che mi “piaceva”.
Io sono una persona che parla, scherza e ride con tutti a prescindere dal sesso della persona che ha davanti.
Non facevo nulla di male, o forse si! Perché era così geloso?
Cosa stavo sbagliando? Cosa stavo facendo che non avrei dovuto fare?
Ho iniziato a cambiare completamente, non parlavo con i ragazzi, camminavo a testa bassa per non incrociare altri sguardi.
Era il padre di mio figlio, e io volevo che tutto funzionasse.
Ma le liti erano tante e le urla diventavano sempre più alte.
È bastato un solo giorno per farmi cambiare, per far sparire il mio amore per lui.
Ero incinta del settimo mese, l’ennesima lite per una persona che mi accusò di “aver guardato”.
Mi mise le mani al collo, non respiravo, non riuscivo a difendermi e a respingerlo. Fortunatamente si accorse di ciò che stava facendo e mollò la presa.
Corsi in camera e mi misi sotto le coperte. Piangevo, avevo paura
Non era più amore, era solo terrore…
Lui se ne andò, e mentre mi stavo calmando, invece di finire lì tutto quanto, uscii con la macchina per riprenderlo con me.
Pensavo solo che era il padre di mio figlio.
Nacque mio figlio e le liti continuavano.
Diceva che il problema era che vivevamo con i miei, e così dopo una serie di tentativi scegliemmo di prendere una casa in affitto e di andare a vivere da soli.
La sua gelosia era diventata possessione allo stato puro.
Ormai ero in grado di capire quando cambiava il tono di voce, quando stava arrivando al limite, e cercavo sempre di non farcelo arrivare. Non sempre ci riuscivo.
Nel frattempo avevo ripreso a lavorare, stavo seguendo un corso in un’azienda.
Sapevo che il padre di mio figlio non voleva che andassi a pranzo con i colleghi quindi pranzavo da sola, ma uno dei colleghi mi convinse ad accompagnarlo.
Coincidenza ha voluto che quando tornammo in azienda, lui era lì.
Mi aveva seguito, mi fece una scenata attaccando anche il collega che era con me.
Avevo paura, mi sentivo imbarazzata e in colpa.
Chiesi scusa al collega per quello che era successo, per la situazione in cui si era trovato.
Fortunatamente capì la situazione e mi disse che non mi dovevo scusare di nulla e non mi dovevo preoccupare.
Sentivo che mio figlio stava risentendo di quella situazione, non riusciva a dormire senza il mio contatto fisico, cosa che non era mai accaduta in passato.
Pensiamo che i bambini siano troppo piccoli e che non capiscano.
Io ho constatato dalla mia esperienza che non è così!
Mio figlio sobbalzava e piangeva disperato ad ogni rumore forte e improvviso che sentiva.
Così, la mattina dopo, mentre il padre era a lavoro, presi alcune cose e tornai con mio figlio dai miei, determinata a non tornare, per il mio bene e soprattutto quello di mio figlio.
Lui voleva ritornare con me. Io non più.
Ora mio figlio sta bene,
È un ragazzo sano ed equilibrato, e io ho compreso come deve essere veramente l’amore.
Non mi pento di aver avuto mio figlio, darei la mia vita per lui.
La cosa che ho imparato è che per fare la mamma, non c’è un libretto delle istruzioni, nessuno ti sa dire con esattezza e certezza cosa è giusto e cosa non è giusto fare.
Fare il “genitore” è il lavoro più difficile di questo mondo e fino a quando non lo diventi, comprendi poco gli insegnamenti ricevuti!
Può essere devastante quando tuo figlio ti dice “quando sarò maggiorenne me ne andrò di casa, perché voi non mi capite”, cosa che dissi a mia madre.
Da figlia, ora, posso dire che la vita è un ciclo bellissimo di esperienze che ci aiutano a crescere in ogni situazione
Non esiste “giusto” o “sbagliato” siamo esseri umani!”
Anonima
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